Cenni storici
L'importante Pieve romanica, risalente al XII secolo, testimonia, col suo stile lombardo e con la significativa intitolazione a Sant' Ambrogio, sia l'antica dipendenza, sia la sua egemonia sul territorio. Da vedere, tra l'altro, una bella statua lignea policroma del'400. Sul monte Borgo vi sono tracce dei più antichi terrazzamenti con muri a secco (X secolo a.C.), che caratterizzarono poi il paesaggio ligure.
Il comune di Uscio: Il nome e lo stemma.
Se il nome del piccolo borgo di Uscio (3000 ab.) è ora in italiano tale da sembrare sinonimo di porta, ossia luogo per cui si esce da un ambiente chiuso per entrare in un altro, confrontandolo coi diversi modi in cui si trova scritto nei secoli passati, quando la lingua italiana non esisteva ancora, si vede subito che esso doveva avere in origine un significato ben diverso.
Nei documenti medievali ed anche in quelli più recenti è nominato Auguxa, Auguxium, Agoxium e Auguscium donde la maniera volgare che si usa tuttavia di dirlo Ausci, ma giammai si trova scritto Ostium che sarebbe la parola latina corrispondente ad uscio. Per avere quindi una spiegazione soddisfacente dell’attuale nome di Uscio, bisogna indagare l’origine e il significato di quei nomi antichi, certamente alterati anch’essi e sostituiti ad un nome primitivo colla stessa radicale e di significato ben chiaro.
E la interpretazione più ovvia e più convincente sarebbe questa: che tutti quei termini barbari siano derivati dal nome latino Augustium, con cui le milizie imperiali al principio dell’era volgare chiamarono la stazione o pagus, castello od oppido, che dir si voglia, da esse fondato su queste alture lungo la strada che viene da, Piacenza a Recco salendo per la valle dell’Aveto. Questa romana origine del nome di Uscio, sembrerebbe un fatto molto più verosimile della strana etimologia che si suol dare volgarmente, basandosi sul nome così come suona ai tempi nostri, senza riflettere che quando il paese cominciò a chiamarsi in tal modo esisteva già da molti secoli sotto un nome di forma molto diversa, che solo per la lenta trasformazione della lingua Latina in Italiana è venuta ad assumere una forma con apparente significato di porta, di uscita o di entrata o di altro concetto simile. Il motto quindi che fu inserito nello stemma del Comune: Janua patet – la porta è aperta – è uno di quei soliti giochi di parole tanto in uso fra quelli che s’occupano di araldica, il quale non può avere fondamento alcuno né glottologico, né storico.
Testo tratto dal libro "La Valle di Recco" di Filippo Terrile
Dove l'aria frizzante dei monti incontra il salmastro del Golfo.
Uscio viva, ridente, animata. Uscio in posizione felice, rivolta a quel mare del Golfo Paradiso che ne mitiga d'inverno e d'estate gli estremi del clima. Circondata dai boschi, offre ai suoi ospiti il piacere di un'aria frizzantina che anima e stuzzica. Si torna volentieri. Non per niente, nel 1906, Carlo Arnaldi fondò da queste parti la sua Colonia.
Uscio è fiera del suo passato, così antico da perdersi nelle tracce della preistoria, ma non si attarda. Già passaggio obbligato, nei tempi che furono, per i traffici tra Fontanabuona e la costa, oggi Uscio si trova su un percorso turistico che collega l'animazione della riviera con la quiete della collina, e offre facile accesso a soggiorni sereni e ai piaceri della buona cucina di tradizione. Caratteristiche sono le trofie "matte", fatte con la farina di castagne ed i battolli fatti sempre con farina di castagna, conditi col pesto e serviti con un tipo particolare di rapa detta "naun" che cresce sui monti di Uscio.
Approfondimenti
Chiese e monumenti
L’antica chiesa
E’ monumento nazionale. Di puro stile romanico, la sua costruzione risale al secolo XI. Faceva parte, insieme con le pievi si Recco, Camogli e Rapallo, di una antica arimannia della Diocesi milanese; (da qui il titolo di S. Ambrogio). Rivolta al preciso Oriente è larga 12 metri e lunga 22. Costruita in pietra locale (aegu) ha tre navate sostenute da quattro colonne e da due semicolonne per ogni parte. (Nella seconda colonna di sinistra si può osservare un antichissimo graffito di “orante”). Oltre al portale centrale ne ha anche altri tre laterali dei quali, attualmente, uno solo è agibile. La luce vi penetra misurata da una monofora grande in facciata e da altre 16 monofore minori. La parete della navata di sinistra non ha finestre; in passato era affrescata (ne restano soltanto due piccole porzioni). L’abside centrale (ricostruita nel 1972) e due absidi laterali completano meravigliosamente il monumento: nella prima campeggia l’altare del Sacrificio; in quella di destra il Tabernacolo del SS.Sacramento; in quella di sinistra un antico Battistero (anno 1585). Entrando, sulla destra, si può vedere la parte originale in pietra del campanile. Purtroppo attorno agli anni 1700, la pietra non piacque più e si iniziò ad adornare facciata, pareti e colonne con stucchi, ori e decorazioni. Le capriate del tetto furono sostituite da volte; si intonacarono i muri apponendovi una decina di altari; venne sopraelevata in mattoni la torre campanaria; le monofore furono trasformate in ampie finestre a mezzaluna e rettangolari. L’abside centrale originaria venne demolita e si costruì il “coro” in materiale. La chiesa così trasformata in stile barocco continuò a ricevere i fedeli di Uscio fino al 1895, anno in cui fu costruita ed aperta al culto dall’allora Arciprete Mons. G. Benvenuto l’altra Chiesa, onde offrire alla crescente popolazione un tempio in grado di contenerla tutta. La Chiesa vecchia nel frattempo giacque abbandonata. Ma in tempi recenti la Sovrintendenza ai Monumenti provvide ad un brillante restauro ed al ripristino del vetusto monumento (Architesso Semino ed esecutore dei lavori il geom. Corinzio Maggi). Il 12 giugno 1976 la Chiesa è stata finalmente riaperta al culto.
La chiesa nuova
“... fin dalla prima metà del secolo XIX si parlava in Uscio d’ingrandire la chiesa perché essa per la sempre crescente popolazione diventava ognora più insufficiente. La concretizzazione di questa aspirazione porta a nominare l’ingegnere Camillo Galliano progettista della nuova chiesa. In un primo momento il parroco intendeva ingrandire la vecchia chiesa “servendosi possibilmente del muro della navata centrale”. Questo primo progetto prevedeva la realizzazione di un’unica navata di 35 m. x 17,5 m. e il costo dell’intera opera era stato stimato centomila lire. Il 16/02/1893 viene preparata la prima pietra e il giorno 26/02/1893 incominciarono gli scavi, che vennero però sospesi quasi subito per ordine del Commendatore Dandrade, presidente della Sovraintendenza dei Monumenti per il Piemonte e la Liguria, il quale stabiliva “di non toccare assolutamente nessuna pietra della Chiesa Vecchia”. L’interruzione dei lavori suscitò la preoccupazione del parroco, ma questi, convinto dell’entusiasmo della popolazione, espresso parere favorevole riguardo all’edificazione di una nuova chiesa adiacente alla vecchia. L’operazione presupponeva una riduzione delle dimensioni dell’edificio (31 m. x 15,5 m. contro 35 m. x 17,5 m.) a causa del costo troppo elevato dei lavori di sterro e per le difficoltà di carattere tecnico che l’operazione comportava. La prima pietra del nuovo tempio fu benedetta dal vescovo di Chiavari Monsignor Vinelli il 23/04/1893 e si trova “nell’angolo di fondo a sinistra di chi entra...” Venne collocato in essa “un tubo di latta coi nomi del Papa e del Re regnate (Leone XIII e Umberto I)”: I lavori si protrassero fino al 1895 con la collaborazione di tutta la popolazione, anche se le ultime ardesie del tetto furono sistemate fra il “suono giulivo delle campane” il 09/02/1984. Il 16/06/1895 avveniva la benedizione ad opera di Monsignor Vinelli; “la chiesa in seguito si arricchì di lavori e decorazioni interne eseguiti da particolari benefattori ... il costo totale della chiesa, non compresa l’opera gratuita della popolazione, fu di oltre novantamila lire”. Nel 1901 furono terminati il piazzale e la scalinata in ardesia. I lavori di decorazione (da una deposizione fatta all’Arciprete ARNALDO CARLARINO, il 14 settembre 1982, dal signor GIOVANNI - Giuanin - MAGGI, il protagonista di tutta la decorazione della Chiesa) Nel 1907 iniziarono i lavori di rifinitura con la costruzione dell’ORCHESTRA. Il lavoro fu affidato ad un giovane-prodigio, Giovanni Maggi, che, alla scuola del nonno Andrea e del padre Carlo, molto aveva imparato ed aveva, già a tredici anni, preparato il disegno dell’orchestra. Nel 1907, il Maggi, appena sedicenne, eseguì di persona il suo disegno. Terminata l’orchestra, nel 1912, il suddetto Maggi fu incaricato dall’Arciprete di costruire la CAPPELLA DELLA MADONNA DELLA GUARDIA. L’iniziativa partì da certa Oliva Maria fu G.B. (l’altare, con relative balaustre, in marmo, fu donato dall’allora sindaco Gian Felice Bardellini - l’immagine della Madonna, scultura lignea di Antonio Canepa, fu donata dalle sigg.e Ravano - Bardellini Chiara e Bozzo-Garbarino Luigia - l’altare fu dotato di un palliotto finemente ricamato, dono ancora della sig.a Ravano-Bardellini Chiara - Lagomarsino Giovanni fu Giuseppe fece decorare, a sue spese, l’ancona - Luigi Bisso, americano, offrì Lire 1.000). In seguito il Maggi costruirà tutte le altre cappelle, meno quelle dell’altare maggiore e quelle di S. Onofrio e del Rosario e dell’Altare delle Anime, già pronti al momento della Benedizione della Chiesa. Nel 1913 era intanto giunto il momento di pensare alla DECORAZIONE DELLA VOLTA DELLA CHIESA. L’avvio fu dato da una sig.a di Uscio, Bisso Rosa, vulgo Nina (la fondatrice dell’Ospizio del vecchi), che offrì all’Arciprete la somma di L. 4.000. Ci si accorse però che la volta dava segni di cedimento: gli arconi che la sorreggevano e che sorreggevano il tetto (appesantiti, ognuno, al centro da un pilastro esageratamente pesante, circa 25 quintali) si schiacciavano, al centro, verso l’interno della Chiesa e, ai lati, si sollevavano verso l’alto, producendo paurose crepe e mettendo in forse la stabilità della volta. Furono chiamati d’urgenza l’architetto che aveva fatto il progetto (ing. Galliano) e l’ing. Crocco (progettista dell’Asilo). Dovettero constatare la pericolosità della volta per cui si decise di demolirla e rifarla nuova (con quale dispiacere e disappunto, da parte dell’Arciprete, ognuno può pensare). Il lavoro fu affidato ai Maggi Andrea e Carla, che provvidero ad erigere un enorme soppalco resistente ed impermeabile (tenere presente che la Chiesa nel frattempo, era funzionante) sorretto, all’altezza del cornicione, da otto travi di pic-pine, lunghi m. 15,50 (la larghezza della Chiesa) dello spessore di cm. 30 x cm. 20, fatti pervenire da Genova (enorme la difficoltà, data la loro lunghezza, per farli passare, su carri trainati da cavalli, lungo le strade di Genova, ma soprattutto di Recco e di Uscio). Il soppalco era, a sua volta, ancorato a terra su pinole. La nuova volta fu completata durante l’inverno dal 1913 al 1914. Furono rifatti, in mattoni vuoti, i sei arconi centrali, quelli che avevano dato segni di maggiore cedimento. Bisognava ora decorare LE DUE PARETI LATERALI DELLA CHIESA E FARE LE STATUE. Intervenne ancora l’anonimo benefattore (Spiccio Antonio) con una offerta iniziale di L. 10 mila, che, più avanti, in più momenti, offrì altre 10.000 lire. La decorazione delle pareti (stucchi e dorature) furono naturalmente ancora eseguite dal Maggi, che aveva promesso all’Arciprete di completare la decorazione della Chiesa. Una menzione a parte meritano LE STATUE. Approfittando dell’assenza temporanea del’Arciprete, il Maggi fece, nelle pareti della Chiesa, le nicchie che avrebbero poi ospitato le statue dei dodici Apostoli. Poi il Maggi si accinse a fare le statue: le immagini di alcuni Apostoli erano noti al Maggi; per le altre immagini pensò di recarsi a Roma, dove, nella Basilica di S. Giovanni in Laterano, potè fare gli schizzi necessari sugli esemplari settecenteschi(anche per realizzare questo viaggio fu aiutato dall’offerta di L. 500 del solito anonimo benefattore). Le statue poi sono state eseguite dal Maggi con una particolare tecnica: per realizzare alcune statue si servì di maschere di gesso ricavate sul volto di persone viventi; i vestiti ed altri oggetti sono stati, in gran parte, realizzati con panni ed oggetti intrisi nel gesso, così bene, da ottenere i risultati che tutti possiamo vedere. Nel frattempo furono fatte le ultime CAPPELLE con relative decorazioni e dorature. Attualmente le Cappelle, dopo successive collocazioni, sono così ordinate: a sinistra di chi entra in chiesa: Cappella della Madonna di Lourdes; Cappella di S. Giovanni Battista con statua, opera di Giovanni Maggi; Cappella della Madonna Addolorata con statua lignea di Antonio Maria Maragliano (sec. XVII); Cappella della Madonna della Guardia con statua in legno dello scultore Antonio Canepa (1912); Cappella di S. Onofrio con statua lignea di ignoto. Di fianco al 5° altare di sinistra si trova il sepolcro di Mons. Benvenuto, l’Arciprete costruttore della Chiesa stessa. A destra di chi entra in chiesa: Cappella di S: Gioacchino e S. Anna con quadro di scuola genovese del secolo XVII e statue di S. Bartolomeo e S. Antonio Abate; Cappella della Madonna del Carmine (dei Morti) con quadro del pittore Reggio; Cappella dei Bissi con piccola icona e quadro di S. Nicola da Bari di Ignoto, Cappella del S. Cuore di Gesù con statua in marmo; Cappella della Madonna del Rosario con statua lignea e miniature dei 15 misteri del Rosario di autori ignoti. Così rifatta la volta era pronta per essere decorata: La decorazione fu affidata al nostro Giovanni Maggi (allora diciannovenne - eravamo nel 1913) che assunse la direzione dei lavori anche se, nel frattempo, avrebbe dovuto assentarsi per il servizio militare di leva). Altri continuarono a lavorare sotto la guida a distanza di lui, che intervenne tre volte con licenze straordinarie. Ognuno può oggi vedere che cosa fu fatto (affreschi, stucchi e dorature). GLI AFFRESCHI (due ai lati dell’organo, raffiguranti il condottiero Mosè ed il re Davide; quattro nella volta della Chiesa, raffiguranti: S. Antonio e S. Paolo eremiti, il martirio di S. Bartolomeo, S. Ambrogio con l’imperatore Teodosio, S. Onofrio eremita; due nella volta dell’abside raffiguranti la Madonna incoronata Regina del Cielo e la gloria di un gruppo di Santi) furono eseguiti dal pittore Ghigliotti G.B. GLI ORNATI furono eseguiti da uno svizzero Tami Giacomo, detto Barbone. GLI STUCCHI ed il trofeo dell’Arco della Pace (lungo sei metri) furono eseguiti personalmente da Giovanni Maggi. Non si conosce il nome del pittore che dipinse i quattro evangelisti della volta. Terminata la prima guerra mondiale si pensò di completare il numero delle CAPPELLE e la DECORAZIONE DELLE PARETI LATERALI DELLA CHIESA. L’occasione venne allorchè morì il nipote quattordicenne dell’Arciprete Mons. Giacomo Benvenuto e questi manifestò al sig. Giovanni Maggi il desiderio di erigere in memoria del nipote e, a sue spese, l’Attuale Cappella della Madonna di Lourdes con relativa grotta. Prima che la grotta fosse completata accadde un fatto singolare: il Maggi stava lavorando quando entrò in Chiesa uno sconosciuto, che poi risultò essere il sig. Antonio Spiccio, un Usciese da poco reduce dall’America. Costui disse al Maggi: “se siete in grado di decorare le pareti laterali così bene, come avete decorato la volta, io sono disposto ad offrire L. 10.000, però voglio che nessuno (tranne io, voi e Dio) sappia nulla”. Il Maggi si rivolse all’Arciprete per dargli la buona notizia, ma non poté dirgli il nome del benefattore (l’Arciprete morì senza conoscere questo benefattore). Il sig. Spiccio tornò il giorno dopo, disposto ad offrire non solo 10.000 lire ma 15.000 lire! Confortato da questa promessa l’Arciprete si decise a fare il CORNICIONE DELLA CHIESA: il Maggi si pose al lavoro e lo completò senza aver ricevuto un centesimo. A lavoro finito il sig. Spiccio onorò la sua promessa versando al Maggi le 15.000 lire promesse. Lire 3.000 il Maggi li ebbe dalla Chiesa. Al Maggi però il lavoro era costato Lire 30.000 (L. 10.000 soltanto per le dorature). Vincolato, come era, dal segreto dovette accettare di buon grado una perdita di L. 12.000. Col completamento delle decorazioni si potè finalmente consacrare la Chiesa nuova; la cerimonia, officiata sa Monsignor Giacomo De Amicis, ausiliare del Cardinale Arcivescovo di Genova, Pio Tommaso Boggiano, si svolse il 24/08/1920. Nel 1942 si notarono le prime manifestazioni di degrado della facciata, col distacco della stessa dal corpo della Chiesa, a causa del peso eccessivo dei cornicioni non controbilanciato all’interno. Nel 1951 si demolì la facciata pericolante e nel 1952 venne approvato il progetto di ricostruzione. Nel 1953 iniziarono i lavori, terminati in pochi mesi. Nel 198.. è stato rifatto il tetto e nel 1989 si è provveduto a restaurare la facciata. Ultimamente , a ricordo del 1° Centenario, con la collaborazione di tutta la popolazione, è stato completato il pavimento della Chiesa di marmo di Carrara, bianco e bardiglio. RELAZIONE ARCHITETTONICA La chiesa nuova di Uscio è a una navata di 42 m. lunghezza, 18,50 di altezza, ..... di larghezza.... La copertura è a vota a botte con lunette; lungo la navata sono disposte cinque cappelle per parte. La chiesa è stata costruita da tre ordini principali. Primo ordine: formato di colonne su basamento e architravi; Secondo ordine: tempietto neo-classico con lunette laterali; Terzo ordine: Lesene racchiudenti il finestrone principale. La facciata e conclusa dalla lunetta, relativo cornicione e acroteri ai lati. INTERNO. Risulta interamente decorato. L’altare e il battistero sono stati smontati dalla vecchia chiesa e ricollocati in quella nuova. Il pulpito è “un grazioso lavoro dello scultore Novì e fu regalato nel 1904 dal Sig. Lorenzo Quartara”. “La balaustra che abbraccia i tre altari principali è pure stata tolta dalla chiesa vecchia e opportunamente modificata”.
Cappella privata in località Altare
Cappella privata di pregevole fattura ed interamente realizzata in ardesia scolpita, ubicata nell’ex villa Arnaldi ora di proprietà di un Ente religioso. Visitabile previo accordo con la Pro Loco di Uscio.
Il palazzo comunale
Municipio - via IV Novembre n.1 – tel. 0185 919401/2. Già una delle più note ville private, è un bello e decoroso edificio al centro del paese con prospetto sulla strada statale 333 e sull’ampia valle sottostante.
Il monumento ai Caduti
Complesso bronzeo, collocato in un bel giardino al centro di Uscio, eretto dalla cittadinanza in memoria dei caduti nella prima guerra mondiale. In prossimità del monumento c’è una lapide lavorata in altorilievo interamente in ardesia in memoria dei caduti della seconda guerra mondiale e della Resistenza.
La Colonia del benessere
Fondata nel 1906 da Carlo Arnaldi (nativo di Recco, farmacista, letterato, filosofo ma soprattutto igienista) è ormai internazionalmente nota. Il nucleo centrale è stato inizialmente edificato sulle pendici del monte Tuggio a circa 550 metri s.l.m. in una cornice di verde di incomparabile bellezza vasta oltre 10 ettari, con uno sfondo panoramico di tutta la vallata sino al mare. E’ poi stata gradatamente ampliato con una serie di chalet di colore rosso sino a raggiungere l’attuale complesso armonico dotato di tutti i più moderni comfort. La particolare cura dietetica seguita dagli ospiti, sotto un’attenta sorveglianza medica, consiste in una pozione disintossicante che, abbinata ad una vita sana a contatto con la natura, stimola le difese dell’organismo e permette di recuperare l’ottimale equilibrio fisico. Molti sono stati gli ospiti che, dopo aver tentato inutilmente ogni altra cura per riaversi dai loro malanni, tornano da Uscio completamente sani e come ringiovaniti.
Orologi, campane e campanili.
Non si può parlare di Uscio senza ricordare la fabbricazione di orologi da torre e da campanile, tuttora noti in tutto il mondo. Essa fu ideata e realizzata all’inizio del XIX secolo da Giuseppe Terrile che nel tempo libero dalle sue svariate attività di contadino, falegname, fabbro ferraio e riparatore di piccoli orologi, impiegò il suo non comune ingegno dapprima nello studio e poi nella fabbricazione dei grandi meccanismi per gli orologi da torre. Nel corso del secolo questa attività fu sviluppata da diverse famiglie: Bisso, Terrile e Williams e Trebino. Oggi gli orologi di qui (ma anche le campane, le strutture e la tecnologia meccanica ed elettronica per i concerti di campane) sono sui campanili di tutto il mondo. Una visita allo stabilimento Trebino contattare la Pro Loco) è una piacevole sorpresa e si possono ammirare orologi antichissimi.
Frazioni e dintorni
Terrile frazione situata di fronte a Uscio, in fondo alla valle (m.250 s.l.m.), ed il suo abitato è circondato da folti boschi di castagno ed oliveti. Già verso la fine del 1400 a Terrile esisteva una cappella dedicata a S. Rocco che, in occasione della peste (1467) ed in seguito ad un voto, venne ingrandita. Nel 1646 fu istituita la chiesa parrocchiale, dapprima dedicata al patrono S.Rocco e poi cointitolata (1936) anche al S.Cuore di Gesù. L’interno della chiesa, totalmente affrescato, contiene pregevoli opere d’arte. Tra altro si possono ammirare sull’altare maggiore (1755) un quadro (1832) rappresentante la Madonna della Salute, dietro all’altare maggiore un bel coro ligneo e, in una nicchia sopra lo stesso coro, un’antica statua lignea (secolo XVII) di S.Rocco. Pregevole anche un dipinto di S.Sebastiano attribuito a Luca Cambiaso e collocato sull’altare laterale destro. Pure degno di nota è l’organo che risale al XVIII secolo ma che, purtroppo, non è stato più restaurato dal 1851.
Calcinara frazione di Uscio (m.500 s.l.m.), anch’essa collocata in una posizione luminosa e verdeggiante, col nome probabilmente derivante da un’antica fornace di calce di cui oggi non esiste più alcuna traccia. La chiesetta, già cappella privata fino al 1949, è adorna di tre altari ed è consacrata alla Madonna di Caravaggio. La principale festa però ricorre il 15 agosto ed è celebrata con una processione secondo un voto fatto nel 1854 per la cessazione del colera.
Colle Caprile pur facente parte dell’area urbana di Uscio dal cui centro dista poco più di due chilometri, va menzionato questo borgo (m.470 s.l.m.) che è collocato in una felice posizione panoramica ricchissima di verde e di acque limpide. Il trivio di Colle Caprile conduce ad Uscio centro, alla frazione di Calcinara ed a Gattorna di Moconesi nell’alta Fontanabuona.
I monti di Uscio Uscio è coronata da monti che la recingono in forma di anfiteatro: Monte Cornua (m.691 s.l.m.), Monte Tuggio (m.677 s.l.m.) e Monte Bello (m.712 s.l.m.). Da questi monti si gode un ampio panorama della vasta valle. Non molto distante si erge il Monte Caravaggio (m.615), ove è stato edificato (1727) il Santuario della Vergine e dal quale si discende a Ruta di Camogli e a Rapallo nella frazione di S.Maria del Campo.
Bibliografia
"La Valle di Recco" di Filippo Terrile.
"Uscio" di Luigi Vinelli.