Fonti storiche rivelano che Uscio ha rappresentato
nel primo Medio Evo un caposaldo nella storia militare
e religiosa della regione, e ha raggiunto forse la sua
massima efficienza come avamposto "milanese"
entro i confini del Genovesato, tra i secoli XI e XII,
epoca in cui venne edificata l'antica chiesa. Con la
seconda metà del secolo XII invece le fortune
economico- politico- militari ed ecclesiastiche del
paese entrano in crisi. Tuttavia il borgo conserverà
ancora per secoli, fino alla rivoluzione viaria di
fine Settecento e all'apertura delle grandi rotabili (
della Bocchetta, dei Giovi, ed in particolare della
Scoffera) un'importanza non irrilevante soprattutto
come centro di industrie estrattive (Lavagne) e come
tappa del percorso che collega la Val Trebbia al mare.
Nel nuovo ordinamento che ebbe la Liguria durante la
Repubblica democratica del 1797, la valle di Recco fu
qualificata per qualche anno col nome di
"giurisdizione della frutta", questo prova
l'importanza che aveva in quel periodo la produzione
di frutta tra cui soprattutto castagne, ciliegie,
pere, mele, fichi e susine che venivano esportate a
Genova attraverso il Monte Fasce. Ancora verso la
metà del XIX secolo erano coltivate molte piante di
gelso per l'allevamento dei bachi da seta di cui oggi
non vi è più traccia; anche la coltivazione di lino
e canapa aveva una certa importanza nei secoli scorsi,
fino a che questi prodotti non vennero sostituiti con
il cotone e recentemente con le fibre sintetiche.
Nella prima parte del XX secolo il cereale più
coltivato era il frumento, mentre tramontava la semina
di segale e avena che nel secolo precedente davano
luogo ad una produzione soddisfacente, al contrario
era abbastanza estesa la coltura del granoturco che
veniva consumato soprattutto sotto forma di farina nel
periodo invernale. In questo periodo era molto
importante anche la coltura della patata che, poco
conosciuta fino alla seconda metà del XVIII secolo,
non tardò a diffondersi anche grazie al Governo della
Repubblica di Genova che nel 1786 mandava ai cittadini
un appello per invitarli a superare l'iniziale
diffidenza e ad estendere il più possibile la coltura
di questo alimento che divenne basilare per
l'alimentazione delle popolazioni di queste valli. La
produzione di pomodori e melanzane era confinata fino
alla metà del XIX secolo agli orti di riviera e il
loro uso da parte dei contadini dell'entroterra era
molto limitato. La coltivazione del castagno ha sempre
rappresentato un importante fonte di reddito per le
popolazioni locali . Questa coltura produceva per la
popolazione locale non solo il principale alimento
sotto varie forme per i mesi autunnali e invernali ma
anche la legna necessaria per ogni famiglia, lo stame
per la lettiera dei bovini e il legname per la
costruzione e l'arredamento delle case. La vite era
coltivata nelle zone meglio esposte e mantenuta in
filari su robusti pali di castagno lungo i margini
delle proprietà e dei terrazzi. Anche la produzione
di vino, in parte esportato verso i mercati della
riviera, costituiva per molte famiglie un reddito
considerevole integrato dalla buona produzione di olio
di oliva estesa soprattutto sui terreni di fondo
valle. Gli ulivi venivano coltivati fino ad una quota
di 400 m slm; se ne coltivavano quattro o cinque
qualità di cui la più diffusa è la
"pignola" che produce piccoli frutti il cui
olio assume un colore caratteristico verde intenso.
Ancora nel periodo compreso fra le due guerre la
produzione di frutta era intensa e si potevano notare
parecchie varietà di peri, ciliegi, peschi, susini e
fichi. Erano meno diffuse le varietà di meli,
albicocchi, kaki, noci, nespoli; nel fondovalle, dove
l'esposizione era migliore, si potevano scorgere
alcuni aranci, limoni e mandorli. Presso le abitazioni
si poteva notare una buona produzione di salvia e
rosmarino venduta sui mercati del nord Italia sino al
principio degli anni '60. Il castagno si estendeva
ancora su una superficie abbastanza vasta che però
era iniziata a diminuire nel periodo successivo alla
Grande Guerra a vantaggio di uliveti, vigneti e prati.
La varietà più comune era la Voltaggina, a frutti
piccoli, di cui ancora oggi si possono ammirare
esemplari secolari in stato di abbandono. All'inizio
del XX secolo divenne fiorente la coltivazione di
ortaggi, specialmente il prezzemolo, che raccolto
durante il periodo invernale era venduto sui mercati
milanesi, torinesi o al di là del Brennero. Una
coltura caratteristica dei monti di Uscio era poi
quella delle rape divenuta quasi proverbiale nei paesi
limitrofi. Le vie di comunicazione divenute rapide a
partire dalla fine del XIX secolo con la costruzione
della ferrovia nel 1874 che collega Recco con Genova e
La Spezia , della strada statale da Recco a Uscio
(1880), dell'allacciamento di quest'ultima con la
strada della Val Fontanabuona (1904) hanno cambiato
molto la fisionomia della valle che è divenuta molto
più popolata. Inoltre molti contadini hanno
abbandonato l'agricoltura per il lavoro pendolare in
riviera o nel capoluogo regionale. Con la costruzione
delle "nuove" vie di comunicazione il paese
si sviluppò molto rapidamente. Nel 1878 aveva ancora
una popolazione di soli 1500 abitanti, raccolti in un
villaggio sparso fra i castagni, dediti quasi
interamente all'estrazione e al commercio delle
ardesie. Nello stesso anno il comune subiva una grande
trasformazione: venduti i beni comunali che si
trovavano sulle alture di Terrile e di Salto nonché
al di là dello spartiacque con la Fontanabuona lo
stesso comune di Uscio entrava nel consorzio per la
costruzione della strada carrozzabile per Recco.
Questi provvedimenti, importanti per il futuro
sviluppo economico del paese, danneggiavano gli
abitanti delle frazioni con la perdita dei pascoli e
dei boschi. Le proteste nelle due frazioni di Salto e
Terrile divennero molto accese e i primi decisero di
separarsi dal comune di Uscio per essere annessi a
quello di Avegno. Dopo l'apertura della strada per
Recco il paese cambiò completamente aspetto, si
aprirono nuovi negozi, una farmacia, l'ufficio postale
e telegrafico. Tale risveglio economico si ripeterà,
con maggiore intensità venti anni dopo quando fu
aperta la strada fino al Colle Caprile. Intanto nel
1906 Carlo Arnaldi, fra i boschi del monte Tuggio, a
circa 550 m. di quota, edificava le prime costruzioni
della sua casa di cura che si svilupperà rapidamente
apportando grandi vantaggi economici a tutto il paese.
L'energia elettrica arrivò in paese negli anni
precedenti la Grande Guerra ed era prodotta sfruttando
la forza di una piccola caduta d'acqua posta a sud
dell'abitato. L'allevamento, soprattutto quello di
bovini da latte, assunse una grande importanza in
tutta la valle. Fino alla seconda metà del XIX secolo
era molto fiorente la pastorizia, soprattutto di
pecore e capre, ma , fu progressivamente abbandonata
dal momento in cui il comune vendette i sui pascoli
sulle alture per poter completare la strada per Recco
(1878). Fino alla costruzione di questa si allevavano
in preferenza vitelli, venduti sui mercati francesi.
Con il miglioramento delle vie di comunicazione
aumentò notevolmente la produzione di latte che,
raccolto più volte al giorno veniva in parte
utilizzato dai contadini per la produzione di formaggi
e in parte avviato a Genova per il consumo quotidiano.
Pertanto i bovini da latte soppiantarono l'allevamento
di vitelli da carne. Ogni famiglia manteneva una o due
vacche e soltanto le più facoltose arrivavano ad
allevarne un numero maggiore (di solito intorno ai
quattro cinque capi). L'allevamento di altri animali
non ha mai assunto una grande importanza si trovavano
infatti pochi maiali, poche famiglie possedevano
cavalli, asini o muli. Tutti i monti che circondano il
centro del paese non sono geologicamente molto
antichi, sono costituiti in prevalenza da calcari
marnosi più o meno compatti e soltanto nella parte
superiore della valle si possono notare gli
argilloscisti su cui poggiano le lavagne che vi sono
intercalate. In più luoghi lungo la SS 333, che sale
da Recco fino ad Uscio si può notare come nel passato
i calcari siano stati convertiti dagli abitanti in
calce.
Grande importanza economica hanno rivestito
soprattutto le ardesie la cui produzione è stata
buona sino al periodo compreso fra le due guerre
mondiali. Il maggior numero di cave d'ardesia, "ciappèe",
si trova sul versante della Fontanabuona, e quelle
presenti all'interno della valle del Recco erano già
esaurite o abbandonate, per incuria o per la qualità
scadente all'inizio del XX secolo; se ne possono
comunque notare alcune molto antiche soprattutto ai
piedi del paese di Salto dove, sul vecchio sentiero
che arriva sino al paese di Terrile, se ne scorge una
di grandi dimensioni parzialmente sommersa, che ancora
nel 1884 era sfruttata da una società inglese, ma che
doveva già essere attiva nel medioevo. Mentre in
qualche paese francese l'estrazione dell'ardesia
faceva la sua comparsa nel V secolo presso il nostro
comune non si hanno notizie anteriori al XII secolo.
Intorno al XVI secolo da una minuta descrizione delle
Lavagne si può dedurre che l'estrazione e l'uso di
tale roccia fosse ancora scarsa, un secolo dopo questa
produzione era già nota nell'alta Italia. Se comunque
l'estrazione delle lavagne era già avviata nel XVI
secolo per averne una produzione intensiva all'interno
del comune di Uscio e dell'alta Fontanabuona
bisognerà attendere fino all'inizio del XIX secolo;
fino ad allora erano molto poche le cave esistenti
all'interno delle valli liguri, peraltro sfruttate con
mezzi primitivi. Ancora negli anni '30 nelle valli di
Recco, Rapalllo e nella Fontanabuona si potevano
contare un centinaio di cave attive di cui la maggior
parte nei dintorni di Chiavari. In questo periodo la
produzione di ardesie era considerevole e veniva
esportata non solo in Europa, ma anche in Sud Africa,
Stati Uniti e Australia. Nel 1880, quando fu aperta la
strada per Recco, nel territorio del comune di Uscio
ne furono estratte più di 4.000 tonnellate per un
valore di 160.000lire (£ del 1880). Fino all'inizio
della Grande Guerra la produzione raggiunse più volte
le 40.000 tonnellate annue per un valore di circa
1.500.000 di lire impiegando circa 700 cavatori. Negli
anni '20-'30 la produzione era già ridotta a meno
della metà per annullarsi completamente trenta anni
dopo. Le attività del settore secondario si
svilupparono a partire dal XIX secolo. Una delle
produzioni caratteristiche della valle è quella delle
campane e degli orologi da torre. Le campane venivano
fuse ad Avegno (piccolo comune posto al centro della
valle) fino alla metà del XVIII secolo da una modesta
famiglia di operai che si tramandava il mestiere di
generazione in generazione. La produzione di orologi
ha avuto invece la sua origine nella frazione di
Terrile a partire dal 1827 e si sviluppò lentamente
nella seconda metà del XIX secolo; nel 1922 ne fu
fondata un'altra fabbrica con il nome Trebino -
Williams che cresciuta molto velocemente nel secondo
dopoguerra oggi esporta orologi da torre in
tutt'Italia. Nel 1887 nasce un opificio per la
produzione di macchinari per la lavorazione delle
Lavagne, del marmo, piastrelle ecc. Questi venivano
venduti non soltanto nella Val Fontanabuona ma anche
in tutta Italia. All' inizio del secolo erano presenti
nel comune anche fabbriche per la produzione di
sapone, di maglie, parecchi caseifici, panifici, ecc.
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