Fatela tornare
Faela tornâT’ae veûa, sensa cô o mae çittae; |
non vedo che facce gialle e secche, sento che chi mi passa vicino ha un’ansia che duole nascosta nel cuore. Guardo le vetrine che non hanno luce, con dentro tanta roba stropicciata. Ho l’impressione che ogni cosa sia colorata di un tenebroso grigio. Ho paura che la gente che cerca di scoprire il triste segreto chiuso nel mio pensiero. Ma allora è proprio finito il cinema sullo schermo grande della vita con tutte le sfumature dell’arcobaleno? La strada mi trascina via, lontano da chi non può capire come sono costretto a vivere da quando lei non sta con me. Una nebbia quasi fatta acqua cade sulla mia esistenza inutile, piena di voci che gridano parole che non arrivano alle mie orecchie; bocche che se ne ridono contente del male che dentro ti rode, che non ti fa gustare il gusto di vivere. Per favore fatela tornare da me, che possa rivedere il suo volto amico che risenta il profumo dei suoi capelli, il suo fiato caldo che mi ristora l’anima, che riesca a indovinare il suo sorriso chiaro come una vela bianca sul mare, che possa baciare i suoi occhi celesti che sanno darmi il colore del cielo. Fatela tornare che io desidero ancora contemplare la mia città che riluce nel sole che con il suo fuoco riscalda il gelo della mia disperazione. |
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